domenica, marzo 18, 2007

Natura morta in un fosso di Tortona



Circa un mese fa, grazie a un provvidenziale imprevisto sul programma, ero a Tortona a vedere "Natura morta in un fosso". Con Fausto Russo Alesi: ci tenevo.
Nonostante lo slittamento di data, il teatro era pieno. Un sacco di giovani.
Appena Fausto entra in scena, mi ritrovo a pensare che la famosa invasione di orsi in Sicilia raccontata da Buzzati c'è stata davvero e che lui ne è la prova vivente: sembra grande e grosso, brutto e goffo.
Nei panni del BOY, che leggendo il testo mi immaginavo uno stronzetto alla Scamarcio, è quasi oltraggioso. Invece del bullo c'è un cuginetto degenerato del Carlino di Faletti (felpa a righe abbottonata fino al collo, occhiali e berrettino con visiera alla rovescia), ed è giocoforza localizzare la pièce nei dintorni di Passerano Marmorito.
'sti deficenti in sala ridono, ridono come matti!!!
cazzo c'hanno da ridere?
non sanno di che si tratta??
Rido anch'io, da perfetta deficiente, anche se ho letto più volte il testo di Paravidino prima di vedere lo spettacolo. Non posso farne a meno: rido tutte le volte che il BOY non capisce come mai la sua scarpa sia sporca di sangue nonostante non si sia fatto niente.
Il riso nasce nei neonati come una reazione alla paura, e mi ritrovo a pensare alla mattina di maggio in cui il giovane taxista aveva fatto schizzare fuori di qualche metro dalle strisce pedonali me e le mie scarpe: anche la mia scarpa era rossa e "non mi ero fatta un cazzo".
Ci casco sempre e rido per quel perverso meccanismo tarantiniano che ti fa partire la risata prima di realizzare che non dovresti assolutamente farlo, e successivamente ti fa sentire in colpa perché proprio non puoi fare a meno di ridere.
Ma i due Fausto sono maestri in questo gioco, altro che Tarantino! Questi in sala continuano a ridere... BOY... COP... PUSHER.. non si fermano mai.
Visto che l'autopsia alla Hopper non ci è riuscita, la voce sottile di Dido scandita da Eminem prova a suggerire che c'è una ragazza ammazzata a calci.... Niente...
Mi chiedo quando scatterà finalmente negli spettatori la presa di coscienza di essere delle merde, moralmente parlando. Sembra di stare in un incubo tipo "I ragazzi del fiume" e aspetto angosciata che il Keanu di turno, anche se non troppo convinto, si faccia vedere.
Solo quando Alesi si purifica il viso nella bacinella e si mette sulle spalle nude il cappotto viola della MOTHER, solo allora non ridono.
Nonostante quest'uomo sia fastidiosamente patetico, così brutto, mezzo nudo, con la voce quasi in farsetto, non ridono. Potenza del testo.
Grandi, i due Fausto, davvero grandi.
Il monologo della prostituta slava era una delle parti più belle del testo, in assoluto. Alesi me lo storpia in un canto da sirena, avvitato su sè stesso con violenza come un crescendo zingaro, rosso come la guerra, e non capisco una sola parola di tutto quel dolore balcanico. Ricordo solo la bellezza di quella parte, vedo solo la bellezza dell'interpretazione.
Finisce con MOTHER, niente sberleffo finale del PUSHER. Fausto è stremato, non riesce a raccogliere tutti gli applausi.
L'uomo accanto a me mi bisbiglia soddisfatto: "Ho capito che era stato il padre quando ha fatto capolino nella stanza dove la mamma stava mettendo a posto le cose della ragazza". I ragazzi del fiume escono dall'estuario del teatro con uno strano sorriso. Il Keanu che c'è in sala, proprio come quello del film, chiede più tempo per uscire allo scoperto.
Magari aprirà di colpo gli occhi di notte, sospettando di essere complice di un'abnormità.
Special thanks: Mauro C. e la sua "città bambina"